L’IPOTESI DELLA REINCARNAZIONE

La credenza nella reincarnazione si perde nella notte dei tempi, forse dettata dall’orgoglio umano che non consentiva all’essere di considerarsi una nullità, un passante in questo mondo per pochi anni; la reincarnazione assicurava, invece, una continuità e anche se la vita attuale finiva, si sapeva che si sarebbe tornati. Tale credenza era così radicata che ne parla anche il Vangelo, in particolare Matteo (XI, 13-14), portando la testimonianza del Cristo su un’ipotesi già accettata dai più, pur in mancanza di qualsivoglia prova provata. Ma, in seguito, la chiesa comprese che tale credenza le avrebbe rovinato gli affari: se l’anima non era più soggetta a premi o castighi nel mondo di là, essendo essa già tornata nel mondo di qua, non più costose messe in suffragio dei defunti, visto che tornavano, né laute donazioni per le indulgenze, né lasciti di beni immobili o denaro per salvarsi l’anima. Quindi, la chiesa si allontanò dall’insegnamento del suo fondatore e negò la possibilità della reincarnazione per semplice avidità nel tentativo, tra l’altro ben riuscito, di crearsi un ingente patrimonio e diventare una delle più ricche multinazionali.
In seguito, però, degli esoteristi di ispirazione religiosa si appropriarono del concetto e lo diffusero nei loro scritti. Bisognava, tuttavia, giustificare come mai un essere così poco importante come l’uomo comune avesse il privilegio di vivere indefinitamente. Si pensò, pertanto, all’idea dello spirito, emanazione del dio, che dirigeva la vita dell’essere e la reincarnazione fu giustificata come possibilità di riscattarsi dal peccato originale, attraverso successive purificazion in innumerevoli esistenze fino a quando, purgato dai peccati, lo spirito si ricongiungeva a dio. Favola per credenti privi di libertà di pensiero e di capacità di osservazione! Eppure, furono in molti a credere a questa trovata e a comportarsi di conseguenza, tentando di condurre una vita retta con la speranza di un’esistenza migliore dopo la reincarnazione. Potremmo concludere che anche in questo caso si trattava di una credenza basata sull’orgoglio e sull’egoismo: una vita migliore in futuro!
Il pensiero dell’ermetista è ben diverso. Libero da qualsiasi influsso o credo religosi, egli non identifica la reincarnazione con la purgazione dello spirito, Per l’ermetista non esiste lo spirito come è inteso dai religiosi, ma esiste l’intelligenza, che varia da un essere umano all’altro e dalle cose inanimate all’essere umano. Le cose inanimate, anche se vive come ad esempio gli alberi, possiedono una traccia di intelligenza necessaria alla funzione che esse svolgono. Diversa è la situazione per l’essere umano, che va dall’individuo niente affatto intelligente, che passa la vita a soddisfare i propri bisogni corporali, all’individuo geniale, che con la sua intelligenza fa evolvere l’umanità intera. Poiché l’ermetismo è una dottrina che non tende a omologare tutti coloro che a essa si rivolgono, ma si limita a dare delle linee generali di condotta volte al perfezionamento dell’uomo, quanto esprimo in questo scritto è soltanto il mio pensiero e non intendo parlare a nome di altri ermetisti che, essendo persone diverse e di diversa estrazione, hanno le loro idee, maturate a seguito di studio, esperienze e riflessioni. A mio parere, dunque, al momento della nascita l’essere umano è neutro in relazione all’intelligenza; poi, col passare del tempo, essa si manifesta e, via via che si cresce, aumenta, si fortifica, si affina vuoi per influsso dell’ambiente familiare, dell’istruzione, dello studio, degli stimoli interiori ed esteriori, delle esperienze di vita e del retaggio da precedenti esistenze, vuoi per azioni intraprese dall’individuo nel tentativo di migliorare il suo quoziente intellettivo, tra le quali non scarso rilievo rivestono quelle ben note agli ermetisti di grado avanzato. Certamente, nella maggioranza dei casi, quando un essere termina la vita, possiede un’intelligenza superiore a quella che possedeva nella sua adolescenza. Ciò proverebbe che essa è soggetta a evoluzione, a crescita e se così è, può tale intelligenza, una volta terminato il singolo ciclo vitale, tornare a manifestarsi in un nuovo individuo? Se la risposta a questa domanda è: no!, vuol dire che intere generazioni si sono illuse sulla possibilità di reincarnarsi e l’intelligenza del defunto si spande per l’universo; ma se la risposta è: sì!, allora si può anche ipotizzare che tale intelligenza, tornando a manifestarsi più volte, continui il suo percorso di crescita per raggiungere, dopo tante esistenze, un grado tale di evoluzione da non necessitare più di un ulteriore perfezionamento e, pertanto, evitare di reincarnarsi, pur restando viva sotto forma di ciò che gli ermetisti chiamano genio o eone. Questa forma di intelligenza, pur non dimorando tra i vivi, può influenzarli attraverso la comunicazione di idee che vengono recepite dalle menti più evolute, o intelligenze incarnate, e che sono alla base di scoperte e invenzioni che favoriscono il progresso dell’umanità.
Se questa ipotesi appare accettabile, sorgono molte domande tra le quali le più importanti, a mio parere, sono le seguenti:
- è possibile che il fare o non fare determinate azioni nell’esistenza attuale influisca sulla esistenza successiva mediante eventi karmici, come sostenuto dai buddisti?;
- è possibile, attraverso il pensiero e la volontà, determinare certi eventi nell’esistenza successiva e come è opportuno procedere?

Hahasiah